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Test di screening

I test di screening sono esami condotti a tappeto su una fascia più o meno ampia di popolazione volti ad individuare una malattia prima che si manifesti con sintomi.

Identificare la patologia in una fase precoce permette possibilità di trattamento e guarigione (o comunque controllo) più alte.

Per questo motivo, sia gli screening, sia le malattie da individuare e gli esami utilizzati, devono corrispondere a precise caratteristiche.

Nel caso dei tumori i dati statistici dicono che adottando uno stile di vita corretto e diagnosticando la malattia il più precocemente possibile (prima, cioè, che si manifesti a livello clinico) si può arrivare a prevenirne quasi il 70%.

Screening per il cancro del collo dell'utero

L’esame di riferimento nello screening per il cancro del collo dell’utero è il Pap-test, da effettuarsi a partire dai 25 anni.

Il Pap-test consiste in un prelievo di una piccola quantità di cellule del collo dell’utero, eseguito strofinando sulle sue pareti una spatolina e un tampone.

Le cellule prelevate, dopo essere state sottoposte a un particolare processo chimico, vengono analizzate al microscopio per valutare la presenza di alterazioni, che possono essere indice di una trasformazione in cellule tumorali.

Se il Pap-test non evidenzia nessuna anomalia, la donna viene invitata a ripetere l’esame dopo due-tre anni.

Recentemente, nello screening è stata inserita la ricerca dell’infezione dell’HPV ad alto rischio, in considerazione del fatto che questo virus è coinvolto nello sviluppo del cancro della cervice uterina. Il prelievo è simile a quello del Pap-test.

Screening per il cancro del colon-retto

Il cancro del colon-retto si trova al secondo posto sia tra gli uomini (15% di tutti i nuovi tumori) sia tra le donne (13%), preceduto rispettivamente dalla prostata e dalla mammella.

Il test di screening utilizzato nella quasi totalità dei programmi di screening è il test del sangue occulto nelle feci, eseguito ogni 1-2 anni nelle persone tra i 50 e i 69 anni. L’esame, estremamente semplice, consiste nella raccolta (eseguita a casa) di un piccolo campione di feci e nella ricerca di tracce di sangue non visibili a occhio nudo, che possono essere un indizio della presenza forme tumorali oppure di polipi che possono, in futuro, degenerare. Il test usato nei programmi di screening italiani non rende necessario seguire restrizioni dietetiche prima della sua esecuzione.

Screening per il cancro della prostata

Il dosaggio del PSA per lo screening del tumore prostatico è raccomandato per uomini tra 50 e 69 anni, dopo discussione informata sui benefici e rischi ed esplicita manifestatazione di preferenza dell'interessato per lo screening. Si ritiene che screening più intensivi (es. test generalizzati in assenza di specifica richiesta da parte di pazienti bene informati o su uomini di età diversa da quella sopra indicata) genererebbero benefici minimi a fronte del notevole incremento di costi e rischi, specialmente da biopsia prostatica, overdiagnosis e overtreatement.

Screening prenatali per anomalie fetali

Negli ultimi anni si è diffuso sempre più il test del DNA fetale come esame di screening per le anomalie cromosomiche, in particolare per identificare la trisomia 21 (responsabile della sindrome di Down) e le trisomie 13 (sindrome di Patau) e 18 (sindrome di Edwards).

Si tratta di un test che viene eseguito a partire da un semplice prelievo di sangue della madre, che può essere effettuato a partire dalle 10-11 settimane di gravidanza; il suo principale vantaggio è che si tratta di un esame non invasivo, che quindi non comporta pericoli nè per la madre nè per  il feto.

Nel caso della sindrome di Down, l'attendibilità del test è superiore al 99%, ed i falsi positivi sono molto rari; ciò rende, al momento, il test del DNA fetale più accurato (e quindi preferibile) rispetto al duo-test, che combina la misurazione ecografica della translucenza nucale con i valori di alcuni parametri biochimici della madre.

Come il Bi-test il test del DNA fetale non può però considerarsi sostitutivo di indagini invasive come villocentesi e amniocentesi, perché questi esami danno risposte diagnostiche su un numero maggiore di condizioni. In caso di esito positivo, quindi, il risultato va confermato con un tes